Traffico di dopanti nel barese: si dimise il manager della società

Dario Sannino, manager dell’industria biofarmaceutica ed esperto in biotecnologie, non è stato rinviato a giudizio nell’ambito delle indagini sull’Operazione “Body and drugs”, del giugno 2017. Secondo i giudici, Sannino non dovrà essere processato per il reato di contraffazione di banconote. L’operazione della Guardia di Finanza, nell’estate 2017, portò alla scoperta di due organizzazioni attive nel campo del doping all’interno delle palestre della provincia di Bari e dell’hinterland barese, a 21 denunce e 13 arresti. Nel corso dell’inchiesta fu scoperto anche un giro di banconote false. Sannino, che all’epoca dei fatti lavorava per la Merck Serono S.p.A., società italiana del gruppo Merck, attivo nel settore della biofarmaceutica, fu accusato proprio di falsificazione di banconote, reato punito dall’articolo 453 del Codice penale. Al termine dell’udienza preliminare, che si è svolta di recente, il giudice ha respinto la richiesta di rinvio a giudizio effettuata dal Pubblico Ministero per Dario Sannino. Il manager – coinvolto nell’inchiesta del 2017 in quanto dipendente della Merck Serono S.p.A – si dimise immediatamente dalla società, e non fu licenziato, come erroneamente riportato da alcuni organi di stampa

L’Operazione “Body and drugs”, si diceva, risale al 2017 e agli anni precedenti. La mattina del 6 giugno 2017, circa 100 militari della Guardia di Finanza di Bari diedero esecuzione all’ordinanza di applicazione di misure cautelari, emessa dal Gip del Tribunale di Bari, su richiesta della Procura di Bari, nei confronti di numerosi indagati. Tra questi ultimi, anche Dario Sannino che, all’epoca dei fatti, era un dipendente con mansioni manageriali della Merck Serono S.p.A, società italiana del gruppo Merck, attivo nel settore della biofarmaceutica. Tra gli altri indagati anche Marco Colella, Giuseppe Giammaria, Michele Giangaspero, Adriano Novelli, Michele Alberto, Saverio De Santis, Tommaso Favia, Michele Favia, Domenico Ludovico, Francesco Montemurro, Vincenzo Palumbo e Nicola Tedesco. Le indagini portarono alla luce due sodalizi criminali attivi a Bari, e in altri sette comuni nelle province di Bari e di Barletta-Andria-Trani, attivi nell’ambito dello spaccio e della vendita illegale di sostanze dopanti. 

La collaborazione, nel corso delle indagini, della stessa Merck Serono S.p.A, e le intercettazioni telefoniche e ambientali, portarono alla luce un’organizzazione molto complessa: grandi quantità del farmaco Saizen che venivano sottratte illecitamente dallo stabilimento dell’azienda di Modugno, in provincia di Bari, per poi essere rivendute ai gestori delle palestre dell’hinterland barese, che a loro volta rifornivano i body builder, che utilizzavano la sostanza per aumentare le loro prestazioni fisiche. Le Fiamme Gialle accertarono che il valore di una singola fiala di Saizen, sul mercato, era di circa 400 euro e che dunque il traffico illecito aveva portato a un giro d’affari di oltre 250.000 euro. Oltre al traffico di sostanze dopanti, al giro di banconote false, poi, l’organizzazione aveva messo su anche una truffa. Il Saizen – che contiene l’ormone della crescita denominato GH – veniva venduto solo a determinati avventori e body builder, stabiliti e scelti dall’organizzazione stessa. Molti altri acquirenti, conosciuti come “pellegrini”, ricevevano semplicemente acqua fisiologica che veniva spacciata come Saizen.

Nel corso delle perquisizioni, presso la palestra “Le phisique du role” di Bari, di Saverio De Santis e Domenico Ludovico, furono rinvenute e sequestrate numerose quantità di Saizen, ma anche di altre sostanze, come il testosterone, il nandrolone, il metenolone. Si tratta sempre di sostanze dopanti, tutte inserite nelle tabelle nel Ministero della Sanità tra le “sostanze stupefacenti e/o psicotrope o anabolizzanti”.

Per il reato di traffico illecito di sostanze dopanti, si fa riferimento, prima di tutto, alla Legge 14 dicembre 2000, n. 376 “Disciplina della tutela sanitaria delle attività sportive e della lotta contro il doping”. Il testo, all’articolo 9, comma 7, prevede che “Chiunque commercia i farmaci e le sostanze farmacologicamente o biologicamente attive ricompresi nelle classi”  che definiscono le sostanze dopanti, “attraverso canali diversi dalle farmacie aperte al pubblico, dalle farmacie ospedaliere, dai dispensari aperti al pubblico e dalle altre strutture che detengono farmaci direttamente, destinati alla utilizzazione sul paziente, è punito con la reclusione da due a sei anni e con la multa da lire 10 milioni a lire 150 milioni”. L’articolo 586 bis del Codice penale, inoltre, in merito all’ “utilizzo o somministrazione di farmaci o di altre sostanze al fine di alterare le prestazioni agonistiche degli atleti” prevede che sia “punito con la reclusione da tre mesi a tre anni e con la multa da euro 2.582 a euro 51.645 chiunque procura ad altri, somministra, assume o favorisce comunque l’utilizzo di farmaci o di sostanze biologicamente o farmacologicamente attive, ricompresi nelle classi previste dalla legge, che non siano giustificati da condizioni patologiche e siano idonei a modificare le condizioni psicofisiche o biologiche dell’organismo, al fine di alterare le prestazioni agonistiche degli atleti, ovvero siano diretti a modificare i risultati dei controlli sull’uso di tali farmaci o sostanze”.